Premesso che io Castelli faccio abbastanza fatica a sopportarlo anche solo in foto, stavolta devo dire che almeno in linea di principio sono d'accordo con lui.
La polemica che ha recentemente sollevato circa le inflessioni dialettali nelle produzioni televisive italiane, non è affatto priva di fondamento. Che poi a seguito di ciò ci sia stata una sbrodolata campanilistica di Bossi (credo non solo in senso figurato) sulla "nuova Hollywood" rappresentata dal Polo della Cinematografia Lombarda, vabè, sappiamo con chi abbiamo a che fare e pazienza, però il nocciolo della questione è purtroppo azzeccatissimo.
Ricordo che già anni fa la mia ex morosa friulana faticava a reprimere (anzi no, non reprimeva affatto) moti di stizza quando vedeva un film, pure di un certo livello, ambientato dalle sue parti -vicino al confine italo sloveno- in cui sembrava che fossero TUTTI de Trastevere!
Mancava Bombolo coi suoi "tzà tzà" ed era perfetto!
Il brutto è che se mentre da una parte questa polemica ha dato il La per le spacconate pseudo-etniche del senatùr, dall'altra parte le risposte sono state più che deludenti.
Flavio Insinna sostiene infatti che «Il problema è fare bene il proprio mestiere, in dialetto o in lingua poco importa». Strano perché pensavo che la dizione, per un attore, fosse piuttosto importante! Perfino Alberto Sordi e Nino Manfredi, in "Venezia, la luna e tu" si erano sforzati di cercare di parlare in veneziano!! Vabè poi il film era una commedia divertente, per cui gli improbabilissimi "cossa ghe xe?" di Albertone erano assolutamente spassosi. Ma prendete "La grande guerra" e sentite Vittorio Gassman come riesce a risultare convicente in milanese!
Monica Guerritore ci fa sapere che «Roberto Castelli non ha alcun titolo per poter intervenire su una faccenda che non lo riguarda, non lo tocca e di cui non sa nulla». Intanto per riconoscere un dialetto da un altro non ci vuole una laurea, e poi evidentemente Castelli sa abbastanza per poter affermare che Papa Giovanni XXIII era di Bergamo. Le argomentazioni della Guerritore, invece, cosa aggiungono alla vicenda? Mah...
Poi siccome la faccenda è debordata anche in ambito politico (come se se ne sentisse la neceessità) ecco che il responsabile ambiente del Pd, Ermete Realacci commenta ironico: «Se ci fosse una fiction ambientata a Milano che riesce a rappresentare l'Italia meglio dei Cesaroni va benissimo...».
Se ci fosse UN commento di questi che spiega perché far parlare come uno del Testaccio un personaggio bergamasco, andrebbe benissimo anche a me. Nel caso sollevato da Castelli non si trattava, infatti, di rappresentare "l'Italia". Ma di rappresentare una parte ben precisa di essa! Qui si tratta di professionalità, non di campanilismo.
Poi, certo, finché Bossi, grazie a questo pretesto, vaneggia di saghe epiche sul "popolo padano", dubito che il livello del dibattito potrà mai elevarsi più di tanto...
La polemica che ha recentemente sollevato circa le inflessioni dialettali nelle produzioni televisive italiane, non è affatto priva di fondamento. Che poi a seguito di ciò ci sia stata una sbrodolata campanilistica di Bossi (credo non solo in senso figurato) sulla "nuova Hollywood" rappresentata dal Polo della Cinematografia Lombarda, vabè, sappiamo con chi abbiamo a che fare e pazienza, però il nocciolo della questione è purtroppo azzeccatissimo.
Ricordo che già anni fa la mia ex morosa friulana faticava a reprimere (anzi no, non reprimeva affatto) moti di stizza quando vedeva un film, pure di un certo livello, ambientato dalle sue parti -vicino al confine italo sloveno- in cui sembrava che fossero TUTTI de Trastevere!
Mancava Bombolo coi suoi "tzà tzà" ed era perfetto!
Il brutto è che se mentre da una parte questa polemica ha dato il La per le spacconate pseudo-etniche del senatùr, dall'altra parte le risposte sono state più che deludenti.
Flavio Insinna sostiene infatti che «Il problema è fare bene il proprio mestiere, in dialetto o in lingua poco importa». Strano perché pensavo che la dizione, per un attore, fosse piuttosto importante! Perfino Alberto Sordi e Nino Manfredi, in "Venezia, la luna e tu" si erano sforzati di cercare di parlare in veneziano!! Vabè poi il film era una commedia divertente, per cui gli improbabilissimi "cossa ghe xe?" di Albertone erano assolutamente spassosi. Ma prendete "La grande guerra" e sentite Vittorio Gassman come riesce a risultare convicente in milanese!
Monica Guerritore ci fa sapere che «Roberto Castelli non ha alcun titolo per poter intervenire su una faccenda che non lo riguarda, non lo tocca e di cui non sa nulla». Intanto per riconoscere un dialetto da un altro non ci vuole una laurea, e poi evidentemente Castelli sa abbastanza per poter affermare che Papa Giovanni XXIII era di Bergamo. Le argomentazioni della Guerritore, invece, cosa aggiungono alla vicenda? Mah...
Poi siccome la faccenda è debordata anche in ambito politico (come se se ne sentisse la neceessità) ecco che il responsabile ambiente del Pd, Ermete Realacci commenta ironico: «Se ci fosse una fiction ambientata a Milano che riesce a rappresentare l'Italia meglio dei Cesaroni va benissimo...».
Se ci fosse UN commento di questi che spiega perché far parlare come uno del Testaccio un personaggio bergamasco, andrebbe benissimo anche a me. Nel caso sollevato da Castelli non si trattava, infatti, di rappresentare "l'Italia". Ma di rappresentare una parte ben precisa di essa! Qui si tratta di professionalità, non di campanilismo.
Poi, certo, finché Bossi, grazie a questo pretesto, vaneggia di saghe epiche sul "popolo padano", dubito che il livello del dibattito potrà mai elevarsi più di tanto...
8 commenti:
Ci mancava solo questa
Sig
come ho scritto sul blog di pellescura hai perfettamente ragione. anche la risposta della guerritore è stata totalmente "fuori"...bel post, condivido.
-devo dartene atto. Mi hai pure convinto. Bravo Alessandro.
Riporto quello che ho scritto sul blog di Pellescura, che ha affrontato la stessa questione, ma da un lato più faceto:
Su youtube ho caricato la MITICA scena, tratta da "Borotalco", fra Carlo Verdone e Mario Brega. Giusto oggi uno ha commentato mandando affanculo Castelli.
(Vabè un fanculo a Castelli non fa mai male, dai...)
Io però gli ho fatto notare che mi piacerebbe sapere come la prenderebbe se un giorno decidessero di fare un film sulla vita del mitico Mario Brega e chiamassero un attore che parla con uno smaccato accento milanese...
O anche un film su Totò interpretato da uno che parla in torinese spinto.
Li mortacci sua ahaha
...mecojioni!!
quanno cià ragione??? bella questa
è vero, anche io mi irrito, ma il problema è che finché gli attori sono scelti raccomandati, si farà così
negli anni cinquanta e sessanta non era così, perché? grandissimi attori come Gassman e Volonté ce l'hanno messa tutta nell'imparare inflessioni che non erano le proprie. persino nei film di Vanzina si usa attenzione alla lingua degli attori... perché in altre produzioni no?
poi il livello del dibattito si riduce sempre alla classica cazzata antiromana e io, da romano, mi girano i coglioni (bell'anacoluto)
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