Arieccoci nell'angolo gastronomico/folkloristico del blog... questa volta la segnalazione riguarda qualcosa di meno traballante di un carrettino di folpetti, anche se sempre di ristorazione si tratta. Mi riferisco al baretto all'angolo fra via Marsala e via Barbarigo. Immutato ed immutabile da che ho memoria! E sto parlando di decine di anni fa eh... quando ero bambino e passavo da quelle parti col mio compagno di classe Tito Villella, il baretto era lì. All'epoca, perennemente orbitante nei ditorni, c'era anche un "vecchio ubriacone" che di questi tempi di teenagers impasticcati è così
demodé...
Certo, ci saranno stati cambi di gestione, avranno perfino cambiato qualche lampadina e probabilmente il registratore di cassa, ma il fascino è comunque intatto. Non è stato trasformato in quelle ingannevoli trattorie finto-rustico che si trovano nel ghetto, che paiono a conduzione familare ma quando ti presentano il conto sospetti (anzi speri) che ai fornelli ci fosse Vissani in persona! O in quei localini alla moda, tipicamente da frequentazione altoborghese durante la
spritz hour, bèi beìssimi, ma la cui semplice carta dei vini ti mette in soggezione peggio di Fantozzi durante la partita a biliardo col direttore del personale, Gran Maestro Conte Diego Catellani. Non è stato neppure -orrroohoree- trasformato in un negozio di calzature o in un'agenzia di viaggi. È rimasto il baretto dove ci si fanno piatti di spuncetti e vino alla spina! (Ieri, per la cronaca sono andato giù di mozzarelle in carrozza, olive ascolane e crocchette di patate. Annaffiate da vino bianco... aaahn...)
Allego foto per illustrare ciò che le parole non riescono a trasmettere.
Giusto per la cronaca, quale posto migliore di uno così genuinamente verace, per fare gli auguri di compleanno ad un amico?
Ecco il nostro
Teo Titotto che ammira il suo regalo.
...mondiale, mondiale... io comunque continuo a cercare angoli da segnalare, ovviamente, visto che è questa la Padova che preferisco.
Avrò anche dovuto lasciare il mitico Portello, cazzo, cazzo e stracazzo (come, mi dicono, diceva il nonno Arcuri che mai conobbi), almeno mi creo una mappa dei rifugi per il mio animo.