martedì 30 ottobre 2007

La frase sbagliata al momento sbagliato

Io non è che mi consideri esattamente un "intellettuale", anche se il mio livello di scolarizzazione è elevato e la mia cultura è ragionevolmente ampia.
Però certi preconcetti sugli intellettuali mi fanno girate i maròni.
Spiego: stavo visitando il sito di Radio Gamma 5, tutto intento a scrivere un'email per avere informazioni su un'interessantissima intervista che avevo sentito qualche giorno fa. Fra una cosa e l'altra ho letto la pagina che riporta la storia della suddetta radio. Ero lì lì per decidermi a sottoscrivere un contributo alla causa, quando ho letto una frase che ha annullato ogni mio anelito di partecipazione.
Dice: "[...] questo e' uno strumento di cultura popolare, lontana anni luce dalla "cultura" degli intellettualoidi (di ogni parte politica) che hanno passato la propria vita a scrivere nei giornali di cose che non hanno mai vissuto o che comunque non hanno MAI lavorato un solo giorno della loro vita!"
E lì mi sono veramente girati.
Perché bisogna SEMPRE considerare "lavoro" solo ed esclusivamente lo zappare nei campi o il manovrare la pressa idraulica?
Perché il lavoro di una vita passata a studiare, a documentarsi, a fare ricerca (spesso pagati con ridicole borse di studio universitarie) deve essere sempre considerato come una passeggiata? Questa concezione distorta degli intellettuali che passano il loro tempo a "non fare un cazzo" è una delle cose che più mi urta. A parte il fatto che rimanere aggiornati nel proprio campo è un percorso continuo, perché il mondo CAMBIA, (e anche in fretta in caso quelli di Radio Gamma 5 non se ne fossero accorti) molti ignorano che un "intellettuale" non è un lavoro... è più una qualifica. Di solito si tratta di docenti universitari, scrittori, giornalisti... gente che comunque lavora e che deve sbattersi se vuole rimanere credibile in quello che fa.
Altra solenne stronzata risulta poi la frase su quelli che scrivono "di cose che non hanno mai vissuto". Come se uno storico, per avere diritto a scrivere della rivoluzione francese dovesse averla per forza vissuta.
Si chiama "cultura" cicci belli. E non ce la si fa dall'oggi al domani.
Lo so da me che i media sono strapieni di cazzoni dalla preparazione approssimativa che fanno i tuttologi sproloquiando di cose che conoscono a malapena, ma in quel caso la colpa è anche dei media stessi che guardano troppo spesso alla quantità dei contenuti più che alla loro qualità.
Solo che per smascherare un presunto ciarlatano bisogna dimostrare di saperne quanto se non più di lui, per attaccarlo e far cascare l'asino. Quindi bisogna prepararsi, documentarsi, confrontarsi... in una parola FARSI IL MAZZO.
Difficile eh? Meglio sparare a zero sugli intellettuali tutti, no?
Beh, cari miei... la mia quota di partecipazione ve la siete giocata.
Per carità, radio interessante, divertente... ma mi limiterò ad ascoltarla di tanto in tanto, non di più.

lunedì 1 ottobre 2007

Scherzi della memoria

Bisogna che mi faccia spiegare da mio padre, che è pissicoeogo, il perché di certi bizzarri comportamenti della memoria umana...
Premessa: ieri sono andato a sentire un bellissimo concerto (in un altrettanto affascinante parco fluviale qui a Padova da me scoperto, ovviamente, l'ultimo giorno del suo periodo di apertura, per quest'anno... aaaargh!!!) Eh, vabè... Il concerto, dicevo... il gruppo in questione si chiama Del Barrio e vi assicuro che spaccano il culo ai passeri. Anche se residenti in Italia sono tutti argentini, per cui potete facilmente immaginare le influenze etniche della loro musica; la commistione col jazz, con la fusion, con addirittura il reggae (!!), rende però il tutto veramente unico! Ovviamente, terminato il concerto ho comprato il loro CD, "Viaggio in Argentina", devo dire molto fico.
Unica nota che mi lascia perplesso... i flauti andini.
Lo so, lo so, loro li suonano sul serio... non sono come quelle sottospecie di robe pseudo-etniche che trovi nei banchetti tipo fuori dalla stazione feroviaria, in cui dei soggetti di dubbia etnia offrono un improbabile paccottiglia costituita da un orrido melange culturale che mischia i cherokee con i maya, con invariabilmente un sottofondo di basi midi che riproducono successi da top ten, da "The Sound Of Silence" a "Wind Of Change" degli Scorpions financo al tema del Titanic, il tutto rifatto con degli pseudo-flauti, probabilmente campionati. (Bleah)

Agghiaccianti.
Ecco. Quelli sono finti, fatti con le tastierine casio della mia cippa... i Del Barrio li suonano sul serio (e bene) e tuttavia... appena sento quei suoni, la mia già inaffidabile memoria torna ad evocare quelli pessimi.
Ma perché, vacca boia?
Adesso quei flautini finti del cazzo mi si sono stampati a fuoco nella mente e mi hanno rovinato la possibilità di apprezzare le cose belle, come i flauti veri, suonati da gente con le palle cubiche come i Del Barrio.
Ma si può?
Che blues...